VIII. Note filosofiche
Si tratta del nucleo “metodologico”, che ha lo scopo di spiegare, anche alla luce di eventuali critiche, come mai riteniamo del tutto lecito ricorrere a concetti e teorie inedite, rispetto all’ortodossia del linguaggio economico.
Il documentario, in effetti, è ricco di nozioni che possono apparire fantasiose, come “autofagia occupazionale”, “lavoro inverso”, ecc ... Desideriamo, in questo senso, spiegare il perché della decisione di prendere le distanze dai metodi e dai discorsi "tradizionali".
Il punto di riferimento filosofico sarà il pensiero epistemologico di Karl Popper, il quale spiega molto bene che gli oggetti di studio delle scienze sociali, al contrario dei fenomeni naturali, non hanno una vita oggettiva e incontrovertibilmente riconoscibile. Al contrario, si tratta di postulati teorici che esistono solo nei termini delle concettualizzazioni che utilizziamo per descriverli. Per questa ragione - spiega Popper - c’è molta differenza, ad esempio, tra un’eclissi e la classe media. Mentre la prima significa sempre e comunque una cosa ben precisa, riscontrabile in natura, la seconda è un “oggetto” che in natura non esiste, ma che, al contrario, è riconoscibile solo a partire da termini e concetti che tradizionalmente sono stati utilizzati per definirla.
Del tutto similmente, l’occupazione, la disoccupazione, la motivazione al lavoro e così via, essendo solo postulati teorici, possono benissimo essere descritti in termini diversi da quelli finora utilizzati.
In generale, questo nucleo ha lo scopo di ricordare a tutti coloro che si occupano di scienze sociali (come l’economia) che dovrebbero essere un po’ più cauti nel continuare a promuovere l’idea che certe discipline siano rigorose e perfette. Al contrario, il sapere delle scienze sociali è, per sua stessa natura, socialmente costruito. Accettarne acriticamente l’ortodossia, dunque, significa accettare passivamente che certe persone possano esercitare un dominio culturale e simbolico incondizionato su certe altre.
È attraverso la rappresentazione di questo nucleo, in definitiva, che rivendichiamo il diritto di descrivere il lavoro (e ciò che gli gravita intorno) con termini nuovi.
Le nozioni, le teorie e le statistiche "tradizionali" hanno perso gran parte della loro capacità di raccontare le trasformazioni economico-produttive del nostro tempo. La prova più evidente di ciò risiede nel fatto che molti dei fenomeni che AGAVE mette in luce non possono essere analizzati efficacemente, se non al di fuori del perimetro delle attuali dottrine economiche e manageriali.